Depongo le armi!

Lo stato d’animo, la sera prima del seminario, è pessimo. Sono molto nervosa, penso e ripenso alla mia situazione, ho paura di ciò che potrei “vedere” in questi due giorni. Non so se sia il posto giusto, mi manca un po’ la mia “famiglia” di Pisa. Ma mi fido delle “coincidenze” che mi hanno portata qui ad Arezzo. Ed infatti la magia si ripete. Col passare delle Costellazioni mi rendo conto che è ciò che va bene per me: ci sono le persone che ci devono essere, in ogni Costellazione c’è qualcosa per me, l’energia pian piano ci rende un campo unico. Nel corso del primo giorno la mia tensione pian piano si attenua, anche se questo fa smuovere dolore. Anche questa volta ho l’opportunità di rappresentare il femminile. Che grande dono! Rivivo ancora la forza magnifica, il potere immenso e totalizzante di questa qualità. Sarei grata anche solo di questo. La notte è terribile. Non dormo, ancora. Piango per il mio dolore, mi vedo come una pianta in un vaso che è diventato troppo stretto, il coccio comincia a crepare. So che la mia salvezza sarebbe la terra aperta, ma ho paura e le mie radici aggrovigliate stringono con bramosia la poca terra rimasta. Sono la prima del secondo giorno, a costellare. Parlo della rabbia che sento, della mia impotenza, della paura che la mia famiglia si sgretoli. Del mio voler salvare Antonio dal suo dolore, come ho sempre cercato di fare con la mamma. E di quanto sappia che non posso essere io a farlo. Giuseppe mi fa scegliere mia mamma, mia zia, mia nonna e me. La mamma si allontana ancora di più dal cerchio, si mette faccia al muro. Io dietro di lei, di sentinella. La zia dietro di me, a farmi da mamma. La nonna a sopportare tutti i pesi, è agitata. Si calma quando Giuseppe le mette alle spalle sua madre. Giuseppe mette in scena un segreto, che si pone tra la mamma e la zia. Poi il babbo, lì vicino ma un po’ solo. La presenza del segreto pian piano fa sciogliere il blocco tra mamma e zia, io posso allontanarmi, al centro del cerchio. Giuseppe fa entrare Antonio. Io devo dire che li lascio liberi col loro dolore, la mamma e Antonio, perché non è una cosa mia. Ringrazio Antonio per ciò che mi ha dato, sono quella che sono anche grazie a lui. Sto meglio, mi faccio bastare questa sensazione. Dopo ho una grande stanchezza, mi sdraierei a dormire da qualche parte, il lavoro continua, altre situazioni, ognuna porta il suo messaggio per me. Alla fine di questi due giorni sono stanca, ma consapevole dell’importanza del lavoro fatto. Mi ripropongo di rimanere nell’ascolto. Depongo le armi.

autore: 
Silvia

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